PERCHÈ IL COMPOSITING?
PERCHÈ IL COLOR GRADING?
La prima volta che ho capito le potenzialità del compositing è stato quando ho fatto i miei primi test sul buon vecchio Shake.
Allora mi sono detto: è come usare Photoshop ma su un video!
Adesso ormai si usa Nuke ed altri software più o meno simili, ma la sostanza non cambia.
Normalmente si ritiene un video un formato difficilmente editabile, ma tramite compositing si può fare di tutto.
Altro vantaggio è che permette di modificare dei rendering senza dover renderizzare tutto daccapo.
Vogliamo un rendering più chiaro? Colori più saturi? Aggiungere un elemento nella scena?
Con il compositing diventa tutto più semplice e si evitano diverse perdite di tempo, praticamente inutili.
Perchè renderizzare il tutto ed attendere quattro ore quando invece mi bastano 5 secondi?
Alla fine ciò che conta, e spesso questo concetto viene dimenticato in favore di inutili perfezionismi, è l'immagine finale e semmai cosa vuole comunicarci in termini di significati ed emozioni. Allo spettatore non importa con che software lo hai realizzato, ti direbbe soltanto vabbè è fatto al computer.
Ad esempio la correzione del colore o color grading serve a regolare i colori di una scena o di oggetti di una scena secondo il gusto del regista o del creativo di turno. Per questo motivo le videocamere professionali hanno una saturazione dei colori piùttosto neutra, come se fossero poco saturi, proprio per permettere una successiva manipolazione cromatica che può andare verso le due direzioni opposte, grazie all'ampia gamma che di solito offrono questi dispositivi di fascia alta.
Per non parlare, poi, dell'impossibilità tecnica di poter renderizzare in un solo colpo migliaia di elementi che andrebbero comunque miscelati con riprese ed attori reali.
In poche parole, e lo dico in primis a me stesso, spesso è inutile perdere tempo volendo cacciare dal motore di rendering esattamente il risultato che abbiamo in mente, quando potremmo ottenerlo molto più velocemente grazie ad una manipolazione dell'immagine successiva.
Bisogna uscire (ma non sempre, dipende dai casi) dalla trappola mentale del "rendering puro costi quel che costi", in virtù della realizzazione di una immagine in tempi accettabili. Se lo fate per hobby potete permettervi il lusso di ri-renderizzare una immagine infinite volte, ma se un cliente vi bussa continuamente alla porta, credo proprio che sia un atteggiamento controproducente.
Allora mi sono detto: è come usare Photoshop ma su un video!
Adesso ormai si usa Nuke ed altri software più o meno simili, ma la sostanza non cambia.
Normalmente si ritiene un video un formato difficilmente editabile, ma tramite compositing si può fare di tutto.
Altro vantaggio è che permette di modificare dei rendering senza dover renderizzare tutto daccapo.
Vogliamo un rendering più chiaro? Colori più saturi? Aggiungere un elemento nella scena?
Con il compositing diventa tutto più semplice e si evitano diverse perdite di tempo, praticamente inutili.
Perchè renderizzare il tutto ed attendere quattro ore quando invece mi bastano 5 secondi?
Alla fine ciò che conta, e spesso questo concetto viene dimenticato in favore di inutili perfezionismi, è l'immagine finale e semmai cosa vuole comunicarci in termini di significati ed emozioni. Allo spettatore non importa con che software lo hai realizzato, ti direbbe soltanto vabbè è fatto al computer.
Ad esempio la correzione del colore o color grading serve a regolare i colori di una scena o di oggetti di una scena secondo il gusto del regista o del creativo di turno. Per questo motivo le videocamere professionali hanno una saturazione dei colori piùttosto neutra, come se fossero poco saturi, proprio per permettere una successiva manipolazione cromatica che può andare verso le due direzioni opposte, grazie all'ampia gamma che di solito offrono questi dispositivi di fascia alta.
Per non parlare, poi, dell'impossibilità tecnica di poter renderizzare in un solo colpo migliaia di elementi che andrebbero comunque miscelati con riprese ed attori reali.
In poche parole, e lo dico in primis a me stesso, spesso è inutile perdere tempo volendo cacciare dal motore di rendering esattamente il risultato che abbiamo in mente, quando potremmo ottenerlo molto più velocemente grazie ad una manipolazione dell'immagine successiva.
Bisogna uscire (ma non sempre, dipende dai casi) dalla trappola mentale del "rendering puro costi quel che costi", in virtù della realizzazione di una immagine in tempi accettabili. Se lo fate per hobby potete permettervi il lusso di ri-renderizzare una immagine infinite volte, ma se un cliente vi bussa continuamente alla porta, credo proprio che sia un atteggiamento controproducente.
Vediamo qui di seguito un esempio di color grading del "Il Signore degli Anelli".
Il software in questione si chiama.....partiamo dai titoli di coda.
Al termine del film, tra i titoli di coda spiccano i software utilizzati tra cui Apple Shake per il compositing e poi un certo Colossus della 5D (Five D) che in realtà è un software sviluppato dalla Colorfront (!) che poi si trasformerà in Lustre della Discreet per far parte della famosa Autodesk, la software house che non ha mai creato un software da zero, Autocad compreso (Marinchip System).
Quindi il software utilizzato è Colossus, "antenato" dell'odierno Lustre.
Eccolo in azione, tanti anni fa ormai, utilizzato per donare colore alla trilogia capolavoro di Peter Jackson.
Da notare il before e after dei colori delle riprese, per dire che se non li avessero toccati sembrerebbe un film girato in casa, o meglio, dai toni cromatici molto lontani da ciò che intendiamo per "film".
Un po' come sulla questione dei 24 fps (fotogrammi per secondo) che rendono il film diverso da come percepiamo i movimenti nella realtà, e che spesso viene distrutto dalle tv moderne che di default interpolano i fotogrammi, generandone di nuovi, creando un effetto soap opera che farebbe morire d'infarto qualsiasi regista sulla faccia della terra, proprio perchè quei 24 fps donano un effetto "sogno" alle immagini.
Il software in questione si chiama.....partiamo dai titoli di coda.
Al termine del film, tra i titoli di coda spiccano i software utilizzati tra cui Apple Shake per il compositing e poi un certo Colossus della 5D (Five D) che in realtà è un software sviluppato dalla Colorfront (!) che poi si trasformerà in Lustre della Discreet per far parte della famosa Autodesk, la software house che non ha mai creato un software da zero, Autocad compreso (Marinchip System).
Quindi il software utilizzato è Colossus, "antenato" dell'odierno Lustre.
Eccolo in azione, tanti anni fa ormai, utilizzato per donare colore alla trilogia capolavoro di Peter Jackson.
Da notare il before e after dei colori delle riprese, per dire che se non li avessero toccati sembrerebbe un film girato in casa, o meglio, dai toni cromatici molto lontani da ciò che intendiamo per "film".
Un po' come sulla questione dei 24 fps (fotogrammi per secondo) che rendono il film diverso da come percepiamo i movimenti nella realtà, e che spesso viene distrutto dalle tv moderne che di default interpolano i fotogrammi, generandone di nuovi, creando un effetto soap opera che farebbe morire d'infarto qualsiasi regista sulla faccia della terra, proprio perchè quei 24 fps donano un effetto "sogno" alle immagini.
Da notare come nel color grading non ci si limita a variare soltanto i toni generali di una scena, ma si fanno dei veri e propri interventi mirati sui volti degli attori.